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Category — la memoria

Carmine Tripodi, 24 anni, carabiniere a San Luca

SAN LUCA – La lista comprende due monsignori, un avvocato e un medico. Poi spunta Carmine Tripodi, con la licenza media e la divisa indossata a 17 anni forse più per avere un mestiere che per seguire una vocazione. Quando a 20 anni lo spediscono in Calabria, non se lo immagina neppure che un giorno finirà infilato pure lui tra i personaggi illustri di Torre Orsaia, il suo paese piccolo piccolo nelle campagne del Salernitano. A come verrà ricordato da morto, un ventenne di solito non pensa, soprattutto quando c’è da lavorare e poco tempo per pensare. Nel 1980 a Bianco, dove sbarca fresco di scuola allievi sottoufficiali, è già tanto se si riesce a mangiare e dormire. Il giovane brigadiere è capo equipaggio del Nucleo operativo e radiomobile. In pratica è sempre sulla strada, lungo la statale 106 che unisce i paesi della costa jonica reggina, e poi lungo le provinciali, le comunali e pure le mulattiere ché per raggiungere Casignana, Motticella, Ferruzzano e Caraffa del Bianco il tragitto non sempre è facile, specie d’inverno quando il cielo la manda di santa ragione e pure i paesi sembrano scivolare a mare. Solo che le prigioni dei sequestrati li devi cercare per forza lì, in mezzo agli ovili, dentro le grotte scavate nella terra dura dell’Aspromonte e non sempre le trovi vuote. Carmine Tripodi lo impara presto. E’ in Calabria da 5 mesi quando il pensionato 76enne Silvio De Francesco, rapito a Bovalino il 7 ottobre 1980, viene trovato morto quattro giorni dopo il sequestro. E poi c’è il pensiero tormentoso dei bambini: di Giovanni Furci, 9 anni, la famiglia di Locri non ha notizie da mesi (la sua prigionia durerà 213 giorni); il piccolo Alfredo Battaglia, 13 anni, alla sua casa di Bovalino è tornato dopo 115 giorni. La lista dei desaparecidos, a scorrerla con attenzione, è praticamente infinita: ci sono i sequestrati calabresi (11 nella sola Bovalino) e ci sono i sequestrati che potrebbero essere finiti in Calabria. Insomma, se nel 1980 sei brigadiere dei carabinieri a Bianco, hai in una mano l’elenco degli scomparsi e nell’altra quello delle famiglie di ‘ndrangheta e ci provi a non confonderti tra Morabito, Palamara, Strangio, Pelle e Vottari. L’8 gennaio 1982, il giorno in cui entra nella caserma di San Luca come comandante interinale, Carmine le idee le ha già un po’ schiarite: qualcuno vedendolo passare per le vie del paese di Corrado Alvaro pensa che il ragazzo è stato mandato come una pecora in mezzo ai lupi, ma lui pecora non ci si sente.

Il mestiere è mestiere, e la cosa non cambia pure se ti sbattono a San Luca dove, se porti una divisa da carabiniere, fingono di non vederti e poi sputano a terra dopo passi, e dove nella faccenda dei sequestri ti sembrano implicati pure donne, vecchi e bambini. Sul tavolo di Carmine i fascicoli sono tanti: c’è la storia di quell’ingegnere napoletano, Carlo De Feo, rapito a Casavatore nel gennaio del 1983 e liberato un anno dopo a Oppido Mamertina, ci sono le nuove indagini sul sequestro del "re delle pellicce", Giuliano Ravizza, c’è la sensazione, forte, che tutti sappiano e ci guadagnino su. Il brigadiere fa sopralluoghi, sorveglia, indaga. Tiene d’occhio soprattutto l’universo multiforme degli Strangio, con particolare riguardo per i figli di quel "Ciccio Barritta" in carcere per il sequestro Ravizza. Quando nel giugno del 1984 a San Luca scatta la retata contro i presunti responsabili del rapimento di Carlo De Feo, sono i poliziotti ad ammanettare, tra gli altri, Antonio, Domenico, Sebastiano e Salvatore Strangio (gli indagati per il sequestro sono 39) ma che dietro il blitz ci siano le indagini del brigadiere nessuno lo ignora. Stessa storia per i nuovi arresti sul sequestro Ravizza. Il 5 febbraio 1985 Carlo De Feo torna a San Luca con il magistrato napoletano Armando Lancuba, il giudice istruttore Guglielmo Oalmeri e gli avvocati di parte. "Eravamo con una piccola colonna di camionette dei carabinieri, i nostri spostamenti facevano fracasso e sollevavano polverone. Ma era come se non ci fossimo", ricorderà qualche anno dopo Lancuba. L’ingegnere riconosce luoghi, ricorda situazioni. Vengono sequestrato ovili e arrestati presunti fiancheggiatori. Carmine è in testa alla colonna, al fianco di De Feo.

Forse la sera del 6 febbraio 1985, sulla provinciale che da San Luca porta alla marina, il brigadiere non sta pensando al mestiere. Tra un mese si sposa. La sua fidanzata, una maestra di Bianco, lo sta aspettando a casa. Altro che sequestri, Strangio e ‘ndrangheta. Sono le 21.00 e Carmine pensa al futuro. Quando qualcuno lo blocca sulla provinciale, forse capisce di non averne più. Ma il mestiere è mestiere, pure se in trappola dentro la Fiat 132 gli sparano addosso con un fucile caricato a pallettoni e una pistola, e allora il brigadiere afferra l’arma d’ordinanza e risponde, e magari prima di morire fa pure in tempo a vedere che ne ha ferito uno. Fortunatamente è già morto quando per spregio gli urinano addosso e i pochi al suo funerale attraversano il paese come "fantasmi".

Per Carmine non paga nessuno. Qualche giorno dopo l’agguato vengono sottoposti a fermo di polizia giudiziaria il 18enne Domenico Strangio (ancora minorenne all’epoca dell’omicidio), il 23enne Rocco Marrapodi e il 25enne Salvatore Romeo (nel 1990 sarà ucciso nella strage di Luino). Per gli inquirenti sono i componenti del commando che ha ammazzato il brigadiere Tripodi. Altre 8 persone vengono indagate per favoreggiamento. Tra l’86 e l’89 tutti verranno assolti dalle accuse contestate mentre la lapide che la fidanzata ha voluto eretta sul luogo dell’agguato, a 3 chilometri dal centro di San Luca, sarà ripetutamente danneggiata. A Torre Orsaia, invece, il 24enne torna in una bara con la medaglia d’oro al valore militare che lo spedisce di diritto nell’elenco dei cittadini illustri. "Comandante di Stazione distaccata, già distintosi in precedenti operazioni di servizio contro agguerrite cosche mafiose, conduceva prolungate, complesse e rischiose indagini che portavano all’arresto di numerosi temibili associati ad organizzazioni criminose, responsabili di gravissimi delitti. Fatto segno a colpi di fucile da parte di almeno tre malviventi, sebbene mortalmente ferito, trovava la forza di reagire al proditorio agguato riuscendo a colpirne uno, dileguatosi poi con i complici. Esempio di elette virtù militari e di dedizione al servizio spinto fino al sacrificio della vita". Se potesse, Carmine, lo spiegherebbe che stava facendo solo il suo mestiere.

novembre 9, 2009   Commenti disabilitati su Carmine Tripodi, 24 anni, carabiniere a San Luca

“Navi a perdere, riaprire le indagini sulla morte di Natale De Grazia”

http://www.stopndrangheta.it/file/stopndrangheta_572.pdf

ottobre 2, 2009   Commenti disabilitati su “Navi a perdere, riaprire le indagini sulla morte di Natale De Grazia”

“Il lungomare di Amantea intitolato a Natale De Grazia”

http://www.stopndrangheta.it/file/stopndrangheta_557.tiff

agosto 2, 2009   Commenti disabilitati su “Il lungomare di Amantea intitolato a Natale De Grazia”

“Viale Martiri per un giorno intitolato a Giuseppe Tizian”

http://www.stopndrangheta.it/file/stopndrangheta_554.pdf

luglio 28, 2009   Commenti disabilitati su “Viale Martiri per un giorno intitolato a Giuseppe Tizian”

La Lunga Marcia “cambia” lo stradario italiano: 200 vie e piazze intitolate alle vittime delle mafie

Prende colore il nuovo mosaico della memoria. Centinaia di vie e piazze, in decine di città da nord a sud, portano da oggi i nomi delle vittime delle mafie. In tantissimi hanno aderito alla campagna "Strade e piazze antimafia" e hanno preso parte alla Lunga Marcia della Memoria promossa dall’associazione daSud. Organizzazioni, movimenti, artisti, giovani e semplici cittadini sono scesi in piazza, in contemporanea a mezzogiorno, e cartelli alla mano hanno riscritto la memoria del nostro Paese. Con un semplice gesto, i luoghi della vita urbana sono stati simbolicamente intitolati ai tanti cittadini e alle tante cittadine morti per aver detto no alla criminalità organizzata.

È stata un esplosione festosa di colori e di passione quella che ha invaso le nostre città, tanti blitz pacifici da Treviso a Palermo, da Pordenone a Reggio Calabria fino in Sardegna, e addirittura a Granada in Spagna. "E’ la dimostrazione che il Paese è vivo e non si rassegna – dice Danilo Chirico dell’associazione daSud – la gente onesta ha voglia di impegnarsi per cambiare. Ricordare le vittime delle mafie ha un significato profondo, vuol dire decidere da che parte stare, e in centinaia oggi lo hanno fatto da nord a sud senza differenze". Un mosaico della memoria che è on line, sul sito dell’associazione www.dasud.it, con centinaia di foto e una mappa delle intitolazioni in tutta la penisola.

Piccoli gesti, ma dall’impatto emotivo dirompente. Quasi uno choc per i bolognesi passeggiare nella centralissima via del Pratello, che diventa via Gianluca Congiusta, giovane commerciante ucciso a trent’anni a Siderno, in Calabria. Mentre a Torino il Palazzo di Città, cuore del capoluogo sabaudo, è stato dedicato a Peppino Impastato. Per non dimenticare, Roma dona un intero quartiere – il Pigneto – alla memoria della meglio gioventù del Paese. Ma anche luoghi centralissimi (Piazza Colonna, Piazza Montecitorio, via Delle Colonnelle, Piazza San Pantaleo) sono stati teatro delle "azioni" simboliche. A Milano l’autorevole via Solferino, sede del Corriere della Sera, diventa via Libero Grassi. Anche a Castel Volturno, il paese della strage e della rivolta dei migranti contro la camorra, sono spuntati i cartelli del Comitato Don Peppe Diana in omaggio al prete anticamorra. Mentre Firenze e Palermo hanno risposto all’appello con generosità.

Ma quella di oggi è stata una giornata vissuta intensamente in tante altre città. A Verbania, record di intitolazioni e di cuore con oltre venti strade dedicate agli eroi dell’antimafia, ma anche agli umili, che hanno perso la loro vita perché non si sono piegati a mafia, camorra, ndrangheta e sacra corona unita. È lo spirito che ha animato i volontari della Lunga Marcia da Modena a Siena e Pescara, da Pisa (insieme all’Anpi) a Treviso e Avellino. E ancora Arezzo (che ha ricordato il medico calabrese Luigi Ioculano, ucciso dalla ndrangheta), Lecce, Bari, (con una commossa targa al giovanissimo Michele Fazio, ucciso per errore nella città vecchia), Selargius (Cagliari), Nizza di Sicilia, fino a Granada in Spagna, con una sentita intitolazione al dirigente del Pci Giuseppe Valarioti, ucciso a Rosarno in Calabria nel 1980.

E proprio in Calabria la Lunga Marcia della Memoria ha visto una partecipazione straordinaria. A Riace, Canolo (è il paese con la sindaca più giovane d’Italia, 24 anni) e Bagnara, a San Lucido e Badolato, a Gioia Tauro (che ricorda il suo Ioculano) e in tanti altri centri si sono alzati i cartelli della memoria, per dire che quelle strade non appartengono alla ndrangheta. A Reggio, da dove è partita ieri la Lunga Marcia, si è mossa un’intera carovana. Quasi venti vie e piazze per ricordare i calabresi caduti. La centralissima via Vittorio Emanuele porta il nome del giudice Antonino Scopelliti (ucciso a pochi chilometri a Campo Calabro nel ’91) e la stazione Lido all’imprenditore Gennaro Musella. Ma i volontari di daSud hanno voluto ricordare anche Ilaria Alpi e Milan Hrovatin, "donando" il Lido Comunale. Un omaggio alla cronista e al suo reporter che sancisce il gemellaggio tra l’associazione e il riminese Premio Ilaria Alpi, di fronte ad una costa solcata dai traffici di rifiuti e di armi che portano fino alla Somalia. E poi ancora un gesto antirazzista alla facoltà di architettura, con il viale dell’Università Mediterranea a portare il nome del nigeriano Peter Iwule Onedyeke, studente dell’ateneo ucciso nel capoluogo dello Stretto negli anni ’90, ucciso senza un motivo perché la sua vita non valeva nulla agli occhi della ‘ndrangheta. La facoltà di Giurisprudenza è stata intitolata a Raffaella Scordo, insegnante di Ardore morta durante un tentativo di sequestro durante la stagione dell’Anonima Aspromonte. Mentre l’aeroporto Tito Minniti è diventato aeroporto Vittime della strage di Gioia Tauro, quasi una provocazione per recuperare la memoria di una tragedia, quella del 22 luglio del 1970, ormai caduta nel dimenticatoio, sei morti più i Cinque anarchici del Sud raccontati dallo scrittore Fabio Cuzzola.

La lista è lunga: la via Roma diventa via Rocco Gatto, la via Pineta Zerbi è dedicata a Massimiliano Carbone, via Demetrio Tripepi diventa via Lollò Cartisano, via Gabriele D’Annunzio diventa via Totò Speranza, via Luigi De Blasio diventa via Antonino Polifroni, via Pietro De Nava diventa via Giuseppe Tizian, viale Messina diventa viale Giuseppe Valarioti, via Tommaso Campanella diventa via Cecè Grasso, via Cattolica dei Greci diventa via Luigi Ioculano, via Caprera diventa via Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte.

luglio 23, 2009   Commenti disabilitati su La Lunga Marcia “cambia” lo stradario italiano: 200 vie e piazze intitolate alle vittime delle mafie

“La cultura contro le mafie”

http://www.stopndrangheta.it/file/stopndrangheta_564.pdf

luglio 16, 2009   Commenti disabilitati su “La cultura contro le mafie”

“Lido comunale Ilaria Alpi”

http://www.stopndrangheta.it/file/stopndrangheta_560.pdf

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“Da Reggio a Milano oltre 200 piazze intitolate alle vittime della criminalità”

http://www.stopndrangheta.it/file/stopndrangheta_562.pdf

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“La musica per i diritti sociali”

http://www.stopndrangheta.it/file/stopndrangheta_563.pdf

luglio 15, 2009   Commenti disabilitati su “La musica per i diritti sociali”

“Antimafia, la lunga marcia”

http://www.stopndrangheta.it/file/stopndrangheta_559.pdf

luglio 15, 2009   Commenti disabilitati su “Antimafia, la lunga marcia”