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I buoni motivi per dire no

1) Per non dare ragione ai prepotenti che con i loro atteggiamenti stile ‘ndrangheta limitano le libertà dei compagni di classe.
Dai piccoli gesti è possibile cambiare i grandi sistemi. Dire no alla prepotenza è un atto coraggio. È anche una responsabilità nei confronti di tutti, perché è nei comportamenti egoistici, personalistici e discriminatori che trova campo libero la cultura ‘ndranghetista. Il bene di noi tutti dipende da quanto siamo disposti a vigilare sulle regole della comunità. Non parlare, girarsi dall’altra parte quando vediamo o sentiamo di qualcuno che ha commesso un’azione che va contro il bene di tutti equivale a dare diritto di cittadinanza a quei personaggi che l’hanno commessa. È stato grazie al silenzio della paura che la ‘ndrangheta, nonostante sia composta da poche persone rispetto a quanti sono i calabresi tutti, è riuscita a creare attorno a sé terra bruciata e un emorragia migratoria ancora in atto.

2) Perché ognuno venga apprezzato per quello che è e per quello che fa, al di là dei simboli di successo mostrati.
Nella società dell’apparenza le mafie rappresentano uno strumento per raggiungere in fretta il successo economico. Ma che vita è quella di chi sceglie la carriera mafiosa? Una vita di pericoli, di morte, di violenza, di galera, di solitudine, di assenza di affetti e di invisibilità. L’unica cosa visibile saranno le sue proprietà, ma fino a quando gli verrà chiesto il conto di ciò che ha fatto. Immaginate se in quelle comunità dove non esistono cinema, biblioteche o ludoteche al posto dei palazzi dei boss ci fossero spazi per i giovani, luoghi di confronto e di crescita, pensate che terra sarebbe, ora, la Calabria.

3) Per non dovere abbandonare la propria terra in cerca di un lavoro onesto una volta ottenuto il diploma, o piegarsi alla logica delle raccomandazioni che crea disparità ingiuste.
Chiedetevi quanti ragazzi per studiare sono andati fuori dalla Calabria e perché. Quante persone hanno lasciato la propria terra per lavorare, senza dovere pagare i mafiosi o per condurre un attività senza la loro influenza. Quanti altri per cercare una sanità di qualità fanno la spola tra il Nord e il proprio paese. Tutto questo è conseguenza della lunga mano ‘ndranghetista calabrese, in grado di condizionare ogni aspetto della vita pubblica in cui ci sia una prospettiva di guadagno. A causa del vortice corruzione- mafia l’istruzione universitaria, le cure mediche, l’attività delle aziende e dei negozi risulta fortemente compromessa. Ci sono paesi in cui i giovani diplomati o laureati sono scomparsi, partiti per andare in altre zone d’Italia dove il merito viene riconosciuto in base alle conoscenze effettive e non in base alle amicizie mafiose e politiche.

4) Per riappropriarsi dei luoghi dove si vive, poter girare liberamente per la strada senza timore di diventare vittime di prepotenze e senza obblighi di portare rispetto a uomini che non lo meritano.
Riverire un capomafia o un affiliato, pronarsi alla loro ostentata potenza rende un popolo ostaggio dei voleri mafiosi. È una cultura da Medioevo, quando i sudditi erano costretti a subire la volontà dei signori feudali. Una logica che viene dal passato e che, sotto altre forme, sopravvive ancora oggi in Calabria. Bisogna girare a testa alta, dire di no quando è necessario, non chinare il capo. Un gesto di sottomissione è una resa alla ‘ndrangheta. Che diventa più forte.

5) Perché i nostri diritti non siano dei favori da chiedere. Bisogna stare molto attenti a riconoscere quali sono nostri i diritti perché nelle terre di mafia un diritto come il lavoro viene svenduto come favore concesso. Questo perverso meccanismo trasforma il diritto al lavoro, garantito dalla costituzione, in un privilegio concesso grazie alle personali amicizie. Ma una comunità deve pensare unita, non può permettersi di ragionare come singoli interessati soltanto al proprio tornaconto. E mettiamo il caso che una persona a noi cara non ha amicizie su cui contare, è tagliata fuori da ogni tipo di rete clientelare cosa le succede? Rimanendo fuori dalla logica dei favoritismi che piace tanto alle mafie è costretta a emigrare in una regione dove i diritti primari siano garantiti oppure attendere che il potere criminale si accorga di lei chiaramente chiedendo in cambio eterna gratitudine e perenne rispetto. Elemosinare un posto di lavoro non è degno di una Repubblica.

6) Per affermare una cultura di pace, perché possedere un’arma non vuol dire essere più forti, ma avere paura.
Per quale motivo bisognerebbe girare con una pistola se non per la paura di essere una possibile preda di altre future prede, di essere inferiore, debole e incapace di farsi amici in altri modi più umani. Abbandonare la cultura della violenza abbracciare quella della pace vuol dire estirpare il seme dell’ingiustizia in Calabria: la ‘ndrangheta e il sistema di potere creatosi attorno a lei.

7) Per difendere le nostre bellezze naturali avvelenate dai traffici illegali di rifiuti tossici. Ogni cittadino ama la propria terra e le sue bellezze naturali. Evidentemente gli ‘ndranghetisti non amano la propria terra, lo dimostrano i loro traffici di rifiuti tossici scaricati nei mari e sui monti in cambio di soldi. Perché per loro l’unico metro di giudizio è il denaro. La loro coscienza non prova rimorso nello scaricare rifiuti pericolosi negli stessi mari dove i bambini, il futuro della Calabria, andranno a giocare e a tuffarsi. Una comunità civile deve lottare per la propria natura e perche essa non venga stuprata dai cinici interessi mafiosi.

8) Perché il turismo possa decollare diventando reale opportunità lavorativa. Se invece di costruire seguendo le direttive dei centri di potere mafiosi si pensasse al bene comune, la Calabria potrebbe sfruttare al meglio le sue risorse naturali per diventare un polo attrattivo e un fiore all’occhiello in tutta Europa. Ma si preferisce erigere enormi masse di cemento informe perché alla ‘ndrangheta non interessa il progresso della Calabria, ma soltanto i suoi affari. Ma le nostre solo tra le coste più belle del paese, e le nostre montagne nascondono angoli suggestivi, spesso sconosciuti. Sono il nostro futuro.

9) Perché la ‘ndrangheta non porta ricchezza, ma sottrae risorse e opportunità alla Calabria.
I fondi europei per le aree depresse, i fondi statali per lo sviluppo del mezzogiorno vengono sistematicamente intercettati dai centri politico-mafiosi per costruire opere fantasma o vengono dirottati spudoratamente in altre direzioni, ma non a favore della collettività per i quali invece vengono stanziati. È già successo con i miliardi stanziati negli anni ’70 per costruire grandi e inutili opere, le cosiddette cattedrali nel deserto. Se la ‘ndrangheta aiutata dalla politica collusa continuerà ad accaparrarsi gli stanziamenti investirà quel denaro, in origine di tutti, per i propri interessi a discapito sempre del bene comune, della collettività.

10) Per ristabilire la libera concorrenza in cui ogni operatore economico ha la possibilità di lavorare.
La mafia calabrese reinveste la sua enorme liquidità ottenuta dai diversi traffici illegali in attività legali. Si capisce come il vantaggio sia enorme rispetto ad un qualunque operatore economico costretto a chiedere costosi finanziamenti alle banche, far quadrare i bilanci e pagare onestamente i lavoratori. Lasciare spazio alle imprese mafiose vuol dire subire una concorrenza sleale perché con i loro metodi mafiosi riusciranno a far fuori i concorrenti onesti.

11) Per riscattare il nome della Calabria sporcato dalla ‘ndrangheta e dal comodo stereotipo che ci vorrebbe tutti omertosi e incapaci di dire no. Se i media sbagliano offrendo della Calabria un immagine preconfezionata, come calabresi anche noi dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Reagire dicendo no al sistema che ci vorrebbe piegati agli interessi mafiosi è la via d’uscita e il modo per mostrare all’Italia che l’omertà è un etichetta effimera scritta con la penna cancellabile e non con un pennarello indelebile.