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Stopndrangheta.it al “Mattia Preti” di Reggio

REGGIO CALABRIA – Nel quadro di un’iniziativa didattica promossa presso il liceo artistico "Mattia Preti" di Reggio Calabria, Stopndrangheta.it ha incontrato nei giorni scorsi gli studenti coinvolti nel progetto "Comunicare la legalità" per ragionare con loro di memoria e dell’importanza di salvaguardarla per costruire l’immaginario dell’anti-‘ndrangheta.
Perché, è stato chiesto agli studenti, quando si parla di lotta alla criminalità organizzata in Italia ed anche in Calabria, ci vengono in mente quasi esclusivamente modelli e personaggi che non appartengono alla storia calabrese? Giuseppe Impastato, Placido Rizzotto, Rosario Livatino, Falcone e Borsellino, Rita Atria sono figure di uomini e donne "contro" che da decenni sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo dell’antimafia. Uniformente evocati e celebrati. Mentre questi uomini speciali perdevano la loro vita come simboli di una lotta impari ma convinta alla criminalità, anche in Calabria si combatteva da decenni un’articolata battaglia alla criminalità. Politici, amministratori coraggiosi, magistrati, giornalisti, uomini comuni ma impegnati, cadevano per ordine della ‘ndrangheta. In questo solco si è inserita la storia di Giuseppe Valarioti, ucciso a Rosarno per ordine della cosca dei Pesce. Un omicidio di ‘ndrangheta rimasto impunito dopo un processo durato undici anni. Riappropriarsi della storia di Giuseppe Valarioti, farla propria, significa rendere giustizia alla memoria storica della Calabria e soprattutto serve a ricordarsi, prima di cercarne altri, altrove, dei nostri eroi sconosciuti e farli vivere (o rivivere) con ogni mezzo necessario.
Costruire l’immaginario è anche riflettere sulla diversificazione delle reazioni a manifestazioni eclatanti. In questo contesto rientrano le storie di Angela Casella che nel 1989, armata solo della propria disperazione, scende in Calabria per chiedere la liberazione del figlio Cesare, rapito a Pavia, e quella di Marianna Rombolà, moglie del sindaco di Gioia Tauro, Vincenzo Gentile, ucciso in un agguato mafioso nel 1987. La Rombolà apprende dal nuovo sindaco che il marito era stato minacciato prima della morte dal nipote del boss Peppino Piromalli. Si costituisce parte civile nel processo dell’omicidio del marito e in aula conferma le sue accuse. Vivrà per molti anni sotto scorta. Nel caso di Angela, la Calabria le si stringe attorno (anche quella ‘ndranghetista, anche i parenti dei rapitori di suo figlio) per dimostrarle solidarietà. Marianna, invece, viene allontanata, guardata con sospetto. A lei la solidarietà arriva tra le righe di lettere anonime. Le due si incontreranno quando Marianna, nel gennaio 1989 presiederà il Comitato donne contro la mafia che affiancherà Angela Casella nella sua "missione" calabrese.