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Colpito Bentivoglio ma è Reggio che brucia

Reggio Calabria – Fiamme dolose hanno distrutto nella notte il magazzino della sanitaria "Sant’Elia" di Tiberio Bentivoglio. Il colpo all’attività del commerciante, testimone di giustizia impegnato da anni in una dura lotta contro il racket, è stato durissimo: il rogo ha mandato in fumo tutta la merce dell’azienda che proprio tra qualche giorno sarebbe stata trasferita nella nuova sede all’interno di un bene confiscato. Chi ha colpito, quindi, ha agito con chirurgica precisione, attendendo la vigilia del trasloco ed il trasferimento dell’intero campionario nel magazzino. Evidentemente mandanti ed esecutori volevano che nessun appiglio da cui ricominciare potesse restare al commerciante, sotto scorta dopo essere sfuggito ad un tentato omicidio e da anni vittima di danneggiamenti e richieste estorsive. Colpire per abbattere, insomma.

Illuminando a giorno la notte di Reggio, però, le fiamme contro Bentivoglio mostrano, a chi vuol vedere, che è tutta la città a bruciare. Con buona pace del ministro degli Interni, Alfano, che nel corso di una recente, distratta visita sullo Stretto, ha raccontato di una ‘ndrangheta indebolita. Ad avere buona memoria e a saper mettere in fila gli eventi, la cronaca dice altro. Dice che a Reggio bruciano il diritto alla sicurezza personale, alla libertà di parola, alla libera impresa, alla mobilità. Dicono che a Reggio brucia il diritto al futuro. In questo senso le ceneri fumanti del magazzino di Bentivoglio, oltre ad essere un autentico dramma per il commerciante e per la sua famiglia, rappresentano una spaventosa metafora del presente e del futuro della città.

L’incendio di Reggio richiede acqua abbondante e, soprattutto, gente che la porti. Non serve quella raccolta con i secchi bucati di parole in circolo, patetici richiami all’esercito e appelli lacrimevoli a salvifiche visite istituzionali. Non serve quella stagnante dell’indignazione e dell’impegno singhiozzante che non spegne neppure i fiammiferi. E non basta quella, necessaria ma insufficiente, garantita da tribunali e caserme. Serve la sferzata violenta delle nostre fiumare in piena, per spegnere, abbattere e spazzare via, se necessario.

Il primo passo di questa necessaria, collettiva e concreta reazione è chiaro: l’apertura della nuova sede della sanitaria di Tiberio Bentivoglio va’ garantita, da tutti gli organi istituzionali, come un atto politico di prioritaria importanza. Come la risposta, forte e chiara, ad una rappresaglia del nemico, perché di questo si è trattato. Non accetteremo timidezze, incertezze, presunte difficoltà burocratiche, promesse non mantenute. Di più. Ce ne ricorderemo, e lo ricorderemo, ad ogni facile invocazione al coraggio civico.