Un’oasi tra abusivismo, degrado e mega-progetti
REGGIO CALABRIA – Il parcheggio adiacente la pineta Zerbi, a Reggio Calabria, è una zona appartata, nascosta da occhi indiscreti; la strada che la costeggia scende a perdersi tra il porto e la vecchia stazione marittima, e sotto le passa la fiumara Annunziata che trascina verso il mare le porcherie della città. Quando fa buio lì dietro ci trovi prostitute, barboni e ubriaconi. Ma soprattutto prostitute. Giovanissime, quasi bambine. Prima che fosse interrata, lì sorgeva la stazione Lido i cui locali, una volta dismessi, sono stati concessi in affitto all’associazione Museo dello Strumento Musicale (MuStruMu) che dal 1996 conserva, valorizza e studia gli strumenti musicali provenienti da ogni parte del mondo. Col tempo si è anche saputo imporre, il Museo, come centro di aggregazione, una piccola oasi di bellezza che ha reso meno duro, con la musica, l’intrattenimento, la cultura e la socialità, il contesto urbano dentro il quale è sorto: un’area sospesa su equilibri delicati, votata al degrado, all’abbandono e sulla quale agli ambiziosi interessi urbanistici della città si stanno incrociando fatti di cronaca che fanno riflettere. All’alba del 4 novembre scorso, infatti, un incendio doloso ha distrutto il Museo e Reggio si è svegliata con un centro di aggregazione in meno e con qualche dubbio in più: che sia, anch’esso, il sintomo del malessere diffuso di un territorio che subisce quattro attentati in poco più di dieci giorni; che il rogo apparentemente inspiegabile non sia soltanto il gesto di balordi annoiati, ma un episodio da inserire in un contesto più ampio di fatti e situazioni che riguardano l’area sul quale sorge il Museo? Andiamo per tappe.
Regium Waterfront: la città del futuro – L’area che va dal porto cittadino al lido comunale si affaccia su uno dei paesaggi più belli del litorale, ma è anche una zona martoriata, architettonicamente anonima e confusa. E’ pieno centro eppure sembra di stare in periferia. Molte le strutture abbandonate o chiuse, altrettanti gli esempi di abusivismo edilizio. Un pezzo di territorio fortemente in degrado quello nel quale è collocato il MuStruMu, al centro di un progetto faraonico promosso nel 2007 dalla Giunta Scopelliti per costruire la città del futuro, un complesso di strutture civili avveniristiche per rilanciare Reggio e ricamarle addosso quel titolo, metropolitana, che oggi fa sorridere. La zona centro/settentrionale, che rappresenta solo una porzione di un piano ben più vasto, dovrà ospitare una serie di interventi riqualificativi della viabilità e il Museo del Mediterraneo, fiore all’occhiello del progetto che avrà forma di stella marina e che però porta insito già sulla carta il germe dell’abusivismo: sorgerà a due metri dalla linea di costa, praticamente sulla battigia. Tutto intorno, il progetto prevede la bonifica della fascia costiera; il recupero della spiaggia per la balneazione; la realizzazione di attrazioni turistiche e culturali; la realizzazione di parcheggi; l’estensione della pineta Zerbi. Un’opera ciclopica e avveneristica, firmata dall’architetto Zaha Hadid, di cui pochi sentono il bisogno e che da più parti è ritenuta inutile, se non addirittura dannosa. I mandati di esproprio sarebbero già pronti a partire per fare spazio ad altro cemento, ad altre speculazioni, alla città futura che non serve a nessuno.
É Hotel: il lusso è un abuso – Lungo lo stesso pezzo di litorale interessato dal Regium Waterfront, ed alle spalle del MuStruMu, c’è quello che resta della fatiscente arena Lido, un bellissimo teatro un tempo annesso al Lido Comunale, palcoscenico di tanti prestigiosi concerti e rappresentazioni ed ormai chiuso da quasi 30 anni. Un ricovero per drogati fasciato di lamiere. È la prima cosa che si incontra prima di imbattersi in una lussuosa struttura alberghiera, messa su in poco tempo, la cui insegna svetta sullo skyline cittadino, guardando verso nord. Si chiama "É Hotel" e da poco è stato raggiunto da un mandato di sequestro in quanto "struttura integralmente e radicalmente abusiva realizzata non solo in violazione di qualsiasi norma dettata dall’ordinamento in materia edilizia ed urbanistica, ma anche in sostanziale difformità del permesso di costruire, anch’esso illegittimo". Questo è emerso dal decreto di sequestro preventivo, firmato dal sostituto procuratore Matteo Centini, coordinatore dell’inchiesta sulla struttura, e totalmente accolto dal gip Massimo Minniti. Cose note, ripetutamente denunciate già dal 2006 da Legambiente Reggio che, nel quadro della campagna "Occhio alle coste", ha spesso sollevato l’attenzione sulle "tante e possibili violazioni di legge sul piano autorizzativo". A sette anni da quelle prime denunce, la magistratura fa i suoi passi apponendo i sigilli alla struttura che occupa – si legge ancora nella richiesta di Centini – "arbitrariamente il demanio marittimo, fluviale, stradale-comunale e ferroviario impedendone altresì l’uso pubblico". Un illecito commesso con l’avallo di funzionari comunali che non si sono fatti scrupoli a firmare le autorizzazioni piegando il loro dovere di amministratori della cosa pubblica agli interessi particolari di un soggetto privato. Per Centini "l’evidente abuso costituisce un atto di accusa ineludibile per le pubbliche amministrazioni coinvolte. L’ennesimo scempio per questo meraviglioso territorio è stato perpetrato con la complicità attiva […] di ogni singolo pubblico funzionario che aveva responsabilità nella gestione e tutela del territorio". Un illecito compiuto anche a scapito della pubblica incolumità in quanto: "tutte le autorizzazioni ottenute sotto il profilo del rispetto della normativa antisismica afferiscono alla realizzazione di una ristrutturazione di edifici già esistenti e non come è nella realtà, alla realizzazione di una nuova costruzione". Il verdetto del pm è schiacciante: quella che si presentava come una struttura di lusso è, in realtà, un ecomostro "da considerare non sanabile, allo stato attuale, e quindi da demolire". Insomma, sembra di essere ritornati agli anni Settanta e Ottanta della "città dolente" quando l’urbanistica reggina finì mani e piedi dentro un pantano di corruzione e collusione, quando i funzionari comunali firmavano autorizzazioni a man bassa in cambio di favori e prebende e intanto la città soccombeva sotto infinite colate di cemento. Da quella stagione, forse, la città non è mai riuscita a venire fuori davvero. Il presente parla chiaro: oggi Reggio sembra una città disorientata, senza punti fermi né riferimenti istituzionali. Un’eterna promessa di progresso rimandata giorno dopo giorno, in caduta libera verso il disordine sociale e verso un abbrutimento estetico, spia e risultato di un abbrutimento morale. Dove la bellezza non si protegge perché, forse, non si è più in grado di distinguerla.
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