Assedio alla cultura: la cronaca di 3 anni di roghi
REGGIO CALABRIA – I cittadini di Reggio Calabria sono abituati al fuoco, quello che divampa nei giorni assolati d’estate sulle colline che circondano la città (uno degli ultimi e più terribili quello che distrusse la meravigliosa – e troppo attenzionata dai gruppi affaristici – collina di Pentimele nell’agosto 2012) e quello che sale di notte, tra le strade cittadine, che brucia, che tenta di annientare. Roghi che vogliono far paura, dare segnali, inviare messaggi. A bruciare, però, negli ultimi tre anni, non sono solo esercizi commerciali o beni immobili confiscati. Almeno dal 2011 a bruciare, in una strana ed inquietante scia che puzza di benzina, sono i luoghi della cultura e della resistenza, spazi reali dove si crea, si condivide, si contesta e si costruisce. Luoghi nodali, evidentemente scomodi.
10 agosto 2011, lido di Bandafalò: il lido da anni era il punto di riferimento per giovani e meno giovani attirati dalla piccola spiaggia in località Porticello di Villa San Giovanni, recuperata e gestita dai ragazzi dell’associazione Bandafalò. Nelle sere d’estate per i giovani della costa tirrenica era facile incontrarsi tra le sdraio riciclate per ascoltare gruppi etnici o affrontare un confronto politico con gli amici di sempre e con gli avventori casuali. Luogo di incontro. Un luogo diverso. Nella notte tra il 10 e l’11 agosto 2011 le strutture del lido, che erano state sottoposte a sequestro dalla magistratura reggina già il 10 giugno dello stesso anno, vanno a fuoco. Un rogo apparentemente indecifrabile, dato che la struttura era stata già praticamente messa fuori gioco dall’indagine giudiziaria. Poche piste. Nessun colpevole.
14 maggio 2012, C.S.O.A. Angelina Cartella: 10 anni, tanto è il tempo che è servito a qualcuno per maturare la convinzione che il Centro Sociale Occupato ed Autogestito "Angelina Cartella" dovesse finirla di occupare, a Gallico, nella zona nord della città, quella villetta che era stata recuperata e riportata a nuova vita culturale. Quel gruppo di attivisti che avevano creato un luogo di incontro in un’area di fresca e costante urbanizzazione, dovevano ricevere un segnale chiaro. La notte del rogo arrivano sui cellulari e presso le utenze private di alcuni di loro delle telefonate anonime. Nelle stesse ore la struttura centrale del C.S.O.A.- diventata sede negli anni di spettacoli teatrali, presentazioni di libri, dibattiti e confronti politici- veniva distrutta dalle fiamme. All’alba, domato l’incendio, si scoprono svastiche e scritte neo fasciste. Il centro sociale, pur privato del suo bene comune, non si ferma. Solo un mese dopo l’incendio saranno centinaia di volontari a ripristinare gli spazi.
9 maggio 2013, Orto Botanico: Per anni i cittadini di Reggio avevano dimenticato di avere un Orto Botanico. Molto più celebre e decantato quello della dirimpettaia Messina. Eppure anche nella zona sud del capoluogo calabrese – sul viale Calabria, di fronte all’aula bunker – esiste una struttura di questo tipo, resa ancora più preziosa dalla presenza al suo interno di una palazzina dei primi del ‘900. Dopo anni di oblio, il 30 luglio 2013, la Camera di Commercio di Reggio Calabria – che detiene la struttura attraverso la sua azienda speciale Stazione sperimentale per le industrie delle essenze e dei derivati dagli agrumi (SSEA) – stipula un protocollo di intesa con l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, al cui dipartimento di Agraria viene affidata la riqualificazione del gioiello naturalistico. La notte tra il 9 ed il 10 maggio però all’interno della struttura si sviluppa un incendio le cui fiamme vengono domate grazie all’intervento dei vigili del fuoco allertati dai vicini. La palazzina Liberty è salva, lo sono anche alcune delle piante più antiche e preziose. A detta dei responsabili i lavori di recupero sono ripresi regolarmente dopo l’accaduto. Anche in questo caso si tratta di una zona delicata della città. Gli interessi sono vari e molteplici. Allo stato attuale – per un incendio presumibilmente di origine dolosa – non vi è notizia di alcuna precisa pista investigativa.
15 maggio 2013, Chiesa Ortodossa di San Paolo dei Greci: A Sbarre, popolare e popoloso quartiere della zona sud della città di Reggio, protagonista a suo tempo della rivolta del ’70 (in quei giorni nascerà tra il rione pescatori ed il rione ferrovieri la Repubblica di Sbarre), sorge da alcuni anni una chiesa ortodossa, costruita per iniziativa del Sacro Monastero del Paracleto (Oropo d’Attica) e di benefattori greci che hanno raccolto i fondi necessari. Il suo parroco, il Protopresbitero Daniele Castrizio, è un uomo che la cultura la fa e la tramanda. Eloquio diretto ed elegante al tempo stesso, riesce con poche parole a trasferirti il senso dei corsi e della memoria storica di questa Calabria. In pieno giorno e durante la funzione della domenica alcuni locali della Chiesa vanno a fuoco (nella foto). ”Questa città è bravissima a gettare fango su sé stessa – il commento di Castrizio – Non vogliamo niente da nessuno ma la città non può lasciare i suoi figli in questo modo nell’ignoranza e nell’anarchia totale. Come si può parlare bene di una città che brucia le chiese? Credo che sia il caso di dare un segno, non per la Chiesa Ortodossa, ma per noi stessi, per i reggini, per avere la possibilità di rialzarci”. Negli anni si erano verificati anche altri piccoli atti di danneggiamento. Tutti segnali che confermerebbero la matrice dolosa dell’accaduto. Anche in questo caso, nonostante le circostanze, poche le piste ed ancora nessun indiziato.
3 novembre 2013, Museo dello strumento musicale: La zona del lungomare Italo Falcomatà di Reggio Calabria è il salotto buono della città. Decantata e celebrata da intellettuali del calibro di D’Annunzio e Pascoli, è anche stata costantemente sotto l’occhio dei riflettori degli affaristi che cercano di sfruttarne al massimo grado le potenzialità economiche in una città che si è riscoperta dalla forte "vocazione" turistica. Il 29 ottobre 2013 la Procura di Reggio Calabria dispone il sequestro dell’E’ Hotel, una lussuosa struttura affacciata direttamente sul mare e costruita – a parere del Gip che convalida il sequestro- in totale difformità rispetto alle prescrizioni normative e al permesso di costruire rilasciato ad una nota ditta cittadina. Dalla pineta Zerbi – un piccolo polmone verde che in orari notturni si trasforma in luogo di traffici e prostituzione – si intravede sullo sfondo la mastodontica insegna del complesso alberghiero. E su quella stessa pineta si affaccia il Museo dello strumento musicale. La struttura ospitata in un edificio di proprietà delle Ferrovie dello Stato era stata assegnata all’associazione culturale "Museo dello strumento musicale", che lì ha dato vita dal 1996 – con fondi esclusivamente privati- ad una collezione di raro pregio che affianca agli strumenti classici antichi quelli provenienti dal mondo globale e quelli della tradizione musicale calabrese. Un autentico tesoro, reso ancora più prezioso dalle attività che Mu.stru.mu realizza all’interno di quello spazio aperto e comune: corsi di musica e di ballo tradizionale, proiezioni cinematografiche, incontri e concerti. Anche questo un luogo di incontro e condivisione. Uno spazio diverso per una città troppo spesso affetta da apatia culturale. Nella notte tra il 3 ed il 4 novembre, ignoti appiccano un incendio che manderà in fumo centinaia di strumenti, alcuni libri antichi conservati nella biblioteca e le foto storiche, oltre a danneggiare seriamente la struttura. Ma il Museo vive. I cittadini accorreranno già all’assemblea che verrà convocata per il 4 novembre nel pomeriggio. Sono presenti anche le realtà che erano state colpite da episodi simili negli anni precedenti. Si fa rete perché si è consapevoli che questi attacchi colpiscono al cuore ogni individuo libero. Viene lanciata la campagna Suona reggio suona che il 16 novembre porterà in piazza i cittadini che amano la musica libera. Ma soprattutto il Museo non ferma nemmeno un giorno le proprie attività: gli strumenti superstiti prendono vita già nelle prime ore dopo l’incendio e decine di volontari si danno il cambio per ripulire i tesori rimasti e ripristinare la struttura. Uno spettacolo vivente, il potere della musica che unisce e resiste.
Perché Reggio Calabria è anche questo. La città dei mille fuochi, degli incendi dolosi senza colpevole e dei pacchi bomba misteriosi spesso sa anche esprimere l’alternativa. Nelle stesse ore in cui i cittadini volontari rispristinano il Museo dello strumento musicale, dall’altra parte della città, l’associazione Pagliacci Clandestini- Freckles – che da anni usa le arti clownistiche come strumento di resistenza culturale- decide di compiere un passo avanti nella valorizzazione dei beni pubblici e nella creazione di spazi comuni. L’emeroteca costruita dall’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria in via Palmi (zona sud della città nei pressi del già citato Viale Calabria) e mai entrata in funzione, dall’8 novembre scorso è sede delle attività del gruppo a seguito di un’occupazione simbolica. La magia che si sta compiendo parte dal coinvolgimento della comunità che ha affiancato, insieme a decine di realtà cittadine, i pagliacci nelle attività di pulizia esterna dello stabile. In questi giorni la parola passerà nuovamente alle istituzioni: sarà compito della triade commissariale completare la procedura di affidamento del bene. Quello spazio finalmente potrà essere vissuto e reso pubblico. I Pagliacci Clandestini ci metteranno il loro spirito, ma è ai cittadini delle case popolari che circondano il bene comunale che chiederanno di essere protagonisti.