Progetto Artiste da Sud, Malavenda: “Restare è già una forma di resistenza”
REGGIO CALABRIA – Accettare la sfida di restare in Calabria, trovare il proprio spazio tra le difficoltà, scegliendo di fare promozione culturale nella propria terra. Un libro fotografico dedicato a 10 artiste calabresi scelte come rappresentanti del riscatto necessario di un sud discriminato. L’arte contro la ‘ndrangheta. Tutto questo è Artiste da Sud, il progetto editoriale ideato da Teodora Malavenda che vede anche Stopndrangheta tra i partner.
Teodora, com’è nato il progetto e in cosa consiste?
"L’idea è nata durante un pranzo con il fotografo e caro amico Filippo Romano. Ci siamo detti che era bene pensare ad un progetto per il Sud, troppo spesso discriminato e messo da parte. L’idea migliore ci è sembrata quella di creare una pubblicazione rivolta alle donne perché la figura femminile calabrese sconta ancora troppi stereotipi. In Calabria operano molte brave artiste, quindi ci è sembrato naturale rivolgere l’attenzione proprio a loro che vivono e svolgono la loro attività in una regione dove non ci sono tante opportunità. Un’altra motivazione è che in Calabria l’arte è quasi sempre circoscritta ai confini regionali: importiamo ed esportiamo poco. Questa pubblicazione può essere quindi uno strumento utile per farci conoscere al di là dello stereotipo di regione capace di esportare solo ‘ndrangheta".
Il contesto calabrese difficilmente si presta a progetti innovativi. Perché scegliere di rischiare puntando proprio sulla promozione artistica?
"Non è semplice, è vero. Quando abbiamo scritto il progetto ci siamo detti che sicuramente avremmo trovato molte difficoltà. Ma era fondamentale svecchiare l’immaginario femminile calabrese, quindi abbiamo deciso di rischiare. Certo, è difficile coinvolgere gli enti, è difficile trovare l’editore e gli sponsor, è difficile strappare anche solo un appuntamento senza ricorrere al sistema di conoscenze su cui si basa spesso la rete di relazioni sociali in Calabria. Ma a chi mi chiede perché voglio puntare sulla Calabria, rispondo che questa è una terra bellissima dove, anche dal punto di vista artistico, si potrebbe fare tanto. Le istituzioni non ci ascoltano e non c’è l’abitudine a relazionarsi con i cittadini, ma proprio per questo dobbiamo darci da fare. Anche questa è una forma di resistenza".
Come avete condotto la fase di ricerca e documentazione sulle artiste selezionati?
"Intorno ai primi di marzo abbiamo pubblicato un bando su internet per presentare il progetto e invitare le artiste ad inviarci il loro curriculum. Ne sono arrivati circa un centinaio. Con gli altri ideatori e curatori del progetto – Francesca Procopio e Filippo Romano – abbiamo deciso che era opportuno formare una giuria perché credevamo fosse giusto affidare la valutazione ad altri. Volevamo che le artiste fossero giudicate da persone diverse tra loro per estrazione ed esperienze, ma accumunate da un interesse per l’arte e la figura femminile. I parametri usati per selezionare le dieci vincitrici sono stati le esperienze, l’eventuale partecipazione a mostre ed eventi, la qualità estetica e i contenuti proposti, l’attenzione della stampa. A questi parametri oggettivi poi se ne aggiungono altri soggettivi come la sensibilità di ogni giurato".
L’8 marzo calabrese è stato segnato e caratterizzato dalle tragiche storie di Cetta Cacciola, Giuseppina Pesce e Lea Garofalo, tre figure di donne che hanno scelto di mettersi contro il sistema patriarcale ‘ndranghetista nel quale loro malgrado vivevano. All’interno del progetto artiste da sud c’è spazio per questo mondo di donne temute dalla ‘ndrangheta?
"Sicuramente sì. Stopndrangheta, non a caso, è partner del progetto perché sappiamo che per combattere la ‘ndrangheta serve la cultura. Un libro di questo tipo può essere uno strumento utile a combattere quei finti valori con i quali si pretende di identificare la Calabria. Si ha paura delle donne perché la donna è al corrente di tutto ciò che avviene all’interno della famiglia, quindi nel caso di una sua ribellione personale, viene temuta anche dal sistema mafioso perché sa quello che fa il marito e, più in generale, la sua cerchia familiare. L’arte può essere un’alternativa anche a questo sistema. L’obiettivo è andare al di là della percezione che si ha della Calabria per far capire che anche qui si respira cultura e che la Calabria è una regione civile".
Parlando del vostro progetto fate riferimento al concetto di resistenza. Cosa vuol dire resistere oggi per una donna e artista calabrese?
"Significa non emigrare, restare nella regione in cui si è nati e cercare di affermarsi artisticamente e umanamente nel proprio territorio di appartenenza. Provare a lavorare in Calabria è già una forma di resistenza, forse la più forte che ci sia".
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sito www.artistedasud.com