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Cara Alice, ti raccontiamo tuo nonno

Cara Alice,

Oggi sei troppo piccola per capire, ma con il tempo ti insegneremo ad amare il mese di settembre. Crescendo arriverà, infatti, il momento in cui comincerai a chiederci il come ed il perché delle cose. Avrai la curiosità di ogni bambino e pretenderai spiegazioni esaurienti dagli adulti a te più vicini. Faremo del nostro meglio, te lo garantisco. Ma sappiamo già che sarà difficilissimo provare a risponderti quando ci chiederai di nonno Mimmo e nonna Mimma. Per questo oggi, nel venticinquesimo anniversario dell’omicidio di Demetrio Quattrone, tuo nonno, e a qualche settimana dalla tua nascita, abbiamo deciso di regalarti una “foto” di famiglia. Non quella che si mette sulle mensole, ma quella che si porta nella memoria e nel cuore.

Nonno Mimmo era un ingegnere e, a Reggio Calabria, una città che ancora non conosci e che lui amava tanto e nonostante tutto, si occupava anche di difendere i diritti e la dignità del lavoro altrui. Era spigoloso, esigente con sé stesso e con gli altri, inflessibile con i furbi, sempre schierato dalla parte dei lavoratori, nella speranza che riuscissero a portare a casa “pane onesto”. Ci chiedeva il massimo perché il massimo era quello che aveva sempre dato nella vita, lui, figlio di una famiglia non agiata, arrivato al Politecnico di Torino grazie esclusivamente alla sua determinazione. Un giorno ti racconteremo di come non potendosi permettere i libri, dava lezione ad un collega meno “sveglio” di lui ma più facoltoso, studiando la notte dai suoi testi in prestito; ti racconteremo di come, per non addormentarsi, le studiava tutte, perché non aveva davvero tempo da perdere. A casa, a Reggio, lo aspettava la fidanzata, tua nonna. Ti racconteremo di quando, potendo scegliere tra la carriera universitaria al Politecnico ed un lavoro precario a Reggio, fece, come sempre, la scelta meno comoda. Tornò in Calabria. E ti racconteremo di come, giorno dopo giorno, con la stessa tenacia di prima, riuscì a dimostrare professionalità e inflessibilità in una città devastata da palazzinari e guerra di ‘ndrangheta, affarismi e cronica assenza di regole e senso dello Stato. E, infine, quando ce lo chiederai, ti racconteremo che la sera del 28 settembre di 25 anni fa pagò con la vita tutte le sue scelte. Vorremmo poterti dire chi e perché ma purtroppo, Alice, al momento non lo sappiamo neppure noi. Se ne andò senza saperlo anche tua nonna che lo aveva amato tutta la vita e che a 33 anni, nel suo esempio di tenacia, si mise sulle spalle tre figli ed un futuro incerto. Si era laureata, qualche anno prima, incinta di tua madre e, lasciata sola dalla gran parte degli amici di famiglia, e dallo Stato, continuò ad esercitare la libera professione nello stesso contesto che aveva decretato la morte di nonno. Ci ha lasciati nel settembre del 2000. Aveva 42 anni, la stessa età di nonno Mimmo quando fu ucciso.

Ora puoi capire, Alice, cosa significa “settembre” per la tua famiglia. In questo mese Demetrio Quattrone ha pagato con la vita le sue scelte di dignità e serietà; in questo mese Domenica Palamara è stata sopraffatta dallo sforzo compiuto per garantirci comunque una vita “normale”; in questo mese noi abbiamo scelto da che parte stare. Non è stata una scelta difficile. L’esempio quotidiano di vita, e i loro insegnamenti, ci hanno naturalmente indirizzati e continuano a mostrarci la via. Questo non vuol dire, Alice, che la strada sia stata e sia tuttora facile da percorrere. In tutti i traguardi raggiunti, in ogni gioia vissuta – da ultima, immensa, la tua nascita – siamo sempre stati affiancati da due compagni non voluti: il dolore per una mancanza incolmabile e la rabbia, spesso silenziosa e nascosta, in giorni come questo sorda ed invadente. La rabbia per le nostre domande rimaste senza risposte – chi e perché? – la rabbia per una città indifferente al destino amaro dei suoi figli migliori. Faremo di tutto per tenerteli lontani.

Con il tuo arrivo, Alice, ora abbiamo un compito in più. Riempire il vuoto che anche tu sentirai con mille racconti, e fotografie, con la certezza che saresti stata immensamente desiderata e amata, e con l’orgoglio di essere parte di una storia familiare fatta di dignità, libertà e coraggio. Senza mai abbandonare la speranza che un giorno possano arrivare anche giustizia e verità.