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Category — interviste

La resistenza in musica dei Modena City Ramblers

Musica e antimafia, due termini apparentemente distinti e lontani. In realtà, oggi, mai così vicini e complementari. I Modena City Ramblers nascono a Modena nel 1991. Nei loro brani cantano i valori della Resistenza, le speranze dei migranti, gli ideali di giustizia, la lotta alle mafie e l’amore per la vita. Un modo d’intendere la musica come stimolo a riflettere, come sveglia delle coscienze prigioniere del torpore della paura o dell’indifferenza. Abbiamo chiesto a Franco D’Aniello, per tutti "Franchino", tra i fondatori del gruppo, quanto può essere importante l’impegno dei musicisti nella creazione di una coscienza antimafiosa. "La musica è importante per far conoscere alcune storie alla gente interessata alle tematiche sociali, la sua forza è la capacità di attrarre e avvicinare i giovani a certi temi che a volte sembrano loro distanti. E’ possibile coniugare, attraverso la musica, divertimento e impegno sociale. La nostra esperienza è significativa per la conoscenza di vicende che ci hanno arricchito a livello umano. Abbiamo avuto la possibilità di conoscere le facce pulite di una parte dell’Italia descritta dalle tv e dai giornali solo quando diventa teatro di eventi criminali. E ci siamo resi conto di quante siano le persone, giovani e meno giovani, impegnate quotidianamente nel contrasto al potere mafioso. Ecco, la musica ha il dovere di non lasciarle sole".

Com’è nato in voi il bisogno di impegnarsi nella lotta contro lo strapotere mafioso?

"E’ nato gradualmente dopo aver conosciuto alcuni ragazzi siciliani, che cozzavano con la descrizione stereotipata, venduta dai media, che li voleva tutti rassegati. L’amicizia con questi ragazzi del Sud ha fatto nascere in noi il bisogno di toccare e di approfondire il tema della resistenza alle mafie. Il brano "La banda del sogno interrotto" parla proprio di questi ragazzi, testardi e unici nella loro realtà. Per noi è stato il primo passo di un percorso musicale e personale che dura tutt’ora. E’ diventato normale trattare certi temi e ci piace anche prendere parte alla denuncia sociale delle mafie".

I valori della lotta partigiana, della resistenza, che cantate spesso nei vostri brani sono simili a quelli della resistenza contro le mafie?

"Assolutamente sì, le organizzazioni mafiose rappresentano un nemico più subdolo del nazifascismo, in certe zone agisce come una dittatura che esige il pizzo, crea clientele, opprime gli esseri umani. La libertà è difficile da ottenere, oggi come allora, se una volta si emigrava per fuggire dal fascismo e dalla sua violenza, oggi tanta gente delle regioni del sud è costretta, dalla dittatura dei clan, a emigrare abbandonando la propria terra".

L’esperienza con Libera con un tour dal forte valore simbolico. Quanto sono importanti i simboli nel contrasto alle organizzazioni mafiose?

"I simboli sono fondamentali, la mafia utilizza la forza dei simboli per attrarre giovani e l’antimafia dovrebbe fare altrettanto, proponendone di alternativi, per vincere la lotta. C’è da dire che nel caso del tour di Libera non si è trattato solo di un simbolo, ma di una vera e propria lotta sul campo, siamo andati in trincea con chi combatte quotidianamente. Il tour è stato una gesto grandioso. Abbiamo mostrato che contrastare i mafiosi e il loro sistema di potere può essere anche divertente, senza mai, chiaramente, dimenticare tutti quelli che rischiano la vita ogni giorno ai quali va sempre la nostra solidarietà".

Tra le tappe di "Onda Libera" Polistena, feudo di ‘ndrine feroci e potenti.

"E’ stato istintivo, non eravamo mai entrati nel cuore della ‘ndrangheta. Siamo riusciti a cogliere alcuni meccanismi e logiche di cui sono vittime gli abitanti di quei luoghi. Ma la sorpresa più grande è stato conoscere Don Pino De Masi e il preside del liceo di Polistena. Ci hanno mostrato il volto impegnato della Calabria. Persone meravigliose che fanno tutto non per il proprio tornaconto ma semplicemente per responsabilità sociale. La partecipazione degli abitanti è stata scarsa o nulla, venivano quasi tutti da fuori. Tanta gente è bloccata dalla paura, ma è umano, non possiamo stigmatizzarli, la ‘ndrangheta rende la vita impossibile, abbandonare le paure è un lavoro che richiede molto tempo. Questo ci ha fatto capire che è tanto il lavoro da fare, siamo solo all’inizio ed è necessario andare avanti. Non si possono lasciare soli gli abitanti impauriti e i ragazzi coraggiosi che lavorano nelle cooperative nate sui beni confiscati agli ‘ndranghetisti".

Avete mai pensato, insieme ad altri gruppi, di unire le forze per organizzare un tour in giro per l’Italia e passando per le zone simbolo della lotta alla mafia?

"Per il momento non abbiamo la forza artistica per realizzare una cosa del genere. Per il tour con Libera abbiamo fatto uno sforzo titanico. Non ci dispiacerebbe che qualcuno con maggiori possibilità prendesse il testimone e facesse un gran concerto sulle terre confiscate. Abbiamo seminato, speriamo che qualcuno ci prenda da esempio e che magari possa diventare un appuntamento fisso.

Quando un brano sulla nostra meravigliosa e maledetta Calabria?

"Per adesso stiamo elaborando le sensazioni scaturite dall’ultimo tour. Stiamo cercando di decifrare le emozioni di questa nostra ultima esperienza. Non escludo che possa venire fuori qualcosa sulla Calabria così tanto denigrata".

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