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Vacanze in campo

C’è una Calabria che si muove e vibra di un fermento libero e creativo. Che balla al suono di una musica speciale e che sente – vivo – il rumore del cambiamento. E c’è un’estate, in Calabria, in cui il divertimento coincide con l’impegno ed il lavoro significa rinascita. Estate, in questa Calabria, significa riscoprire i luoghi, restituendo loro l’identità perduta e portando avanti una memoria che và tramandata. Non si può negare: c’è davvero una Calabria che si muove. E a scuoterla sono tante realtà che – con entusiasmo, coraggio e passione – testimoniano che scegliere da che parte stare non è poi così difficile. Campi di lavoro sui beni confiscati alle mafie, escursioni organizzate da associazioni e cooperative che mescolano natura, impegno antimafia e memoria. Spiagge "libere" e borghi solidali. Ragazzi e ragazze che costruiscono realtà nuove, insieme, in un cambio di prospettiva che li porta ad essere protagonisti e li spinge ad andare avanti.

I campi di volontariato – Cresce di anno in anno il numero dei partecipanti ai campi di volontariato in Calabria. Tra le esperienze più consolidate quella di "E!STATE LIBERI", i campi sui terreni confiscati alle mafie organizzati da Libera in collaborazione con l’Arci e con l’apporto delle tante realtà associative che credono e appoggiano un progetto il cui obiettivo principale è diffondere una cultura fondata sulla legalità e giustizia sociale che possa efficacemente contrapporsi alla cultura della violenza, del privilegio e del ricatto. Un messaggio concreto, che trova attuazione nel lavoro sui beni un tempo appartenuti alle cosche, luoghi simbolo del potere mafioso che adesso divengono liberi e produttivi. E un esempio di come sia realmente possibile ricostruire una realtà sociale ed economica fondata sulla legalità, con la comunità che si riappropria di ciò che le era stato tolto. La legge 109 sul riutilizzo dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, in vigore dal 7 marzo 1996, ha segnato una svolta epocale nel contrasto alle mafie nel nostro Paese. Un grande successo per lo Stato, per la rete di Libera e per tutti i cittadini che avevano sostenuto con un milione di firme la petizione popolare a sostegno della proposta di legge. In tutti questi anni centinaia di ettari di terreni, ville, appartamenti e altri beni immobili si sono trasformati in cooperative sociali, sedi di associazioni, comunità di accoglienza , centri culturali. Proprio come è successo a Polistena, nella Piana di Gioia Tauro. Lì, nel 2004, è nata la cooperativa sociale "Valle del Marro" su un terreno confiscato alla ‘ndrangheta, a conclusione del progetto "Uso sociale dei beni confiscati nella provincia di Reggio Calabria" promosso da Libera e finanziato dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Un segnale concreto di rinascita territoriale e culturale. Ed è lì, tra quei campi sterminati e sotto un sole che picchia, che Libera ha iniziato l’avventura dei campi di lavoro sui beni confiscati. A raccontare quei primi passi don Pino Demasi, referente regionale di Libera e socio fondatore della cooperativa sociale "Valle del Marro – Libera Terra": «L’idea dei campi è stata la naturale conseguenza della legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati proprio per dare a quei beni un valore aggiunto, per farli diventare beni degli altri, di tutti». Un modo per raccontare questa terra, martoriata dalle sofferenze ma anche proiettata verso un cambiamento possibile. Un grido per dire che questa terra è "cosa nostra". Giovani che partono da tutta Italia e che, come ha sottolineato don Pino «attraverso questa esperienza condivisa uniscono l’Italia. Proprio in un momento così difficile per il nostro paese, diviso da lotte intestine, questi giovani danno una speranza di crescita». Un gemellaggio che và oltre i preconcetti alimentati dai luoghi comuni e che dà la possibilità ai ragazzi che arrivano qui di vedere e conoscere la realtà calabrese: «I ragazzi vengono dal nord con un’idea sbagliata e, terminata l’esperienza, vanno via portando con sé il bello che c’è in Calabria. Tornando a casa – dopo aver preso coscienza che il problema delle mafie, purtroppo, non riguarda solamente il Sud Italia – raccontano un territorio positivo e decidono di impegnarsi attivamente nelle loro città. Poi ritornano, più convinti di prima: le adesioni, negli ultimi anni, sono notevolmente aumentate e questo è il segno di una gioventù sana che vuole partecipare. Grazie ai campi, alla memoria (attraverso il ricordo delle vittime, le testimonianze e la formazione) e alla legge sui beni confiscati Libera ha cambiato – almeno in parte – il volto dell’Italia». Sono, dunque, sempre più numerosi i ragazzi – provenienti da tutte le parti d’Italia – che decidono di fare questa esperienza in cui si mescolano divertimento, entusiasmo e sudore (il lavoro agricolo e la sistemazione di un bene richiedono impegno). Ma anche capacità di ascolto e voglia di capire, perché – dopo la fatica e il riposo – anche la mente và nutrita: incontri di informazione/formazione sui temi della lotta alla mafia e la partecipazione a laboratori ed incontri di educazione alla legalità con riflessioni e testimonianze significative di resistenza alla mafia nei vari contesti territoriali, danno la spinta e le motivazioni giuste per andare avanti.

Luoghi di speranza – Non solo Polistena, però. Da sei anni Pentedattilo (Melito Porto Salvo) si anima con i Campi del Sole, organizzati dall’Arci in collaborazione con l’associazione Pro Pentedattilo, Libera Reggio Calabria e l’Agenzia dei Borghi Solidali. Tanti giovani che, resistenti alle alte temperature estive, fanno interventi di sistemazione di villa Placanica – bene confiscato alla ‘ndrangheta – e dei frutteti. A Condofuri, per il campo organizzato dall’Arci (Comitato Territoriale di Reggio Calabria) con la cooperativa Ichora, Libera, Borghi Solidali e la collaborazione dell’associazione Look Around You, i ragazzi lavorano e praticano la "cittadinanza attiva". A Caulonia, in ricordo di Angelo Frammartino, si parla di "pace e diritti". A Riace, paese simbolo dell’accoglienza dei migranti globali, per il secondo anno successivo l’Arci-Comitato Territoriale di Reggio Calabria, insieme a Spi-Cgil, Libera, Cooperativa I-Chora e Stopndrangheta.it, ha organizzato i suoi campi-laboratorio estivi. Occasioni uniche per incrociare esperienze di lavoro a fianco dei rifugiati con momenti di riflessione ed approfondimento. E, ancora, Cirò Marina (KR), Isola Capo Rizzuto, (90 ettari di terreni produttivi e due beni immobili da cui ripartire), Cutro (in collaborazione con il WWF) e Gioiosa Jonica, dove quest’anno il campo di Libera Locride, dedicato a Lollò Cartisano, ha permesso la riqualificazione, e la riappropriazione, di un bene intitolato a Vincenzo Grasso. Riappropriarsi, potrebbe essere questa la parola chiave: i campi sono la naturale prosecuzione della confisca e del riutilizzo a fini sociali. Costituiscono la riappropriazione della comunità attraverso l’impegno diretto e restituiscono identità e dignità a un luogo. E questi luoghi tornano a vivere: diventano il simbolo di una lotta sana in cui le armi sono gli attrezzi da lavoro e sono l’esempio di come – anche in territori difficili – a prevalere sia la parte onesta della società.